Martina Batelli (aka Mortinfami o MortinfamiArt) è una illustratrice e fumettista freelance, formatasi in un percorso accademico iniziato a Firenze con il Liceo Artistico e proseguito poi con l’Accademia di Belle Arti di Bologna per finire (almeno per il momento) con la Scuola Internazionale di Comics.
Martina è una professionista emergente, ma affermata, del panorama fumettistico italiano con già alcune pubblicazioni e collaborazioni alle spalle. Crazy Camper, Nowhere Publishing, Cyrano Comics e DabelBrothers sono alcune delle realtà editoriali di cui ha fatto parte, fino ad entrare nella scuderia del Tatai Lab.
E proprio col Tati Lab, Martina realizza (con successo) DEVA: A Tale of Gods, progetto editoriale a fumetti sulla piattaforma di crowdfunding Indiegogo, di cui vi abbiamo parlato qualche (poco) tempo fa in questo articolo.
D: Martina sembra tu abbia da subito scelto un percorso formativo con un obiettivo già ben prefissato. Quando eri piccola e ti chiedevano cosa avresti fatto da grande rispondevi <<i fumetti>>?
M: Assolutamente no. Da piccola amavo leggere, talmente tanto che da grande volevo diventare una bibliotecaria. Oppure la fidanzata della Bestia nel film della Disney, per aver accesso alla sua gigantesca libreria.
Poi col tempo, iniziando a leggere manga, affacciandomi su deviantart, mi son resa conto che il percorso di studi che avevo intrapreso era quello sbagliato (avevo iniziato col Classico), e che a me piaceva in realtà disegnare. Diciamo che la consapevolezza della mia passione e della mia predisposizione al disegno è arrivata non prima delle superiori.
D: Oggi la maggior parte degli artisti si forma sul digitale, anche per te è stato lo stesso? Com’è il tuo rapporto con la carta?
M: Per la prima domanda, sì e no. Ho ricevuto la mia prima tavoletta (una trust oscena, ma la adoravo) proprio alle superiori. Però non ci disegnavo, per parecchio tempo l’ho usata solo per “colorare”, editare, sistemare, etc. Poi piano piano ci ho preso la mano, e ho iniziato ad inchiostrarci disegni scannerizzati. In effetti in digitale ho iniziato prima a inchiostrare che a disegnare, a ripensarci ora mi fa molto ridere questa cosa.
Al momento, il disegno tradizionale è più uno sfogo che altro, sono diversi anni infatti che lavoro alle tavole soltanto in digitale. Quando ho del tempo libero mi rilasso sui miei sketchbook.
D: Quali gli autori o le saghe che ritieni ti abbiano più ispirato nel tuo percorso fino ad oggi?
M: Adesso darò la risposta super giappominkia, ma io son cresciuta coi manga. Dragonball, in primis, poi Slam Dunk, YuYu Hakushu, una quantità indefinita di serie in mezzo, fino ad arrivare a Battle Royale, Eyeshild 21, Worst/Crows. Solitamente, la combo migliore era botte/azione + personaggi affascinanti e ben caratterizzati.
Senza mentire, questi sono sicuramente gli autori/progetti che nel corso degli anni mi han fatto dire “Bon, io da grande voglio disegnare fumetti COSÌ.”
D: Che rapporto hai con il colore? Preferisci il bianco e nero o ami colorare le tue opere così come ami disegnarle?
M: Io ho un rapporto PESSIMO con il colore. Ho passato la mia intera esistenza artistica a “combattere” con il colore, e tutt’ora non ci vado particolarmente d’accordo. Sarebbe il mio sogno realizzare un fumetto da artista completa, quindi colorandomelo pure, ma purtroppo ci sono due elementi che mi remano contro: il primo, è il fatto che non ho mai fatto sufficiente pratica col colore nel mio percorso di studi, e al momento mi manca il tempo per poterlo fare; il secondo è collegato in parte al primo, poiché non essendomici mai concentrata (dedicandogli quindi ALMENO la stessa quantità di tempo che ho dedicato al disegno), non ho sufficiente sensibilità per avere dei buoni risultati, almeno per i miei standard.
The struggle is real.
D: Sei giovane ma già con varie esperienze professionali alle spalle e il progetto DEVA ti farà sicuramente crescere ancora di più.
Quali sono le difficoltà che hai incontrato nell’affermarti e quali i consigli che potresti dare a chi sta pensando ora di iniziare un percorso simile al tuo?
M: Le difficoltà son state quelle di tutti i giovani autori che cercano di trovare uno sbocco in questo lavoro, che purtroppo non son banali luoghi comune, io l’ho vissuti sulla mia pelle: avere la propria vetrina QUASI esclusivamente sui social (ci si può fare poco, ultimamente o così o così, ma è una vita davvero stressante), con la conseguente costante necessità di riuscire a farsi notare in un modo o nell’altro, e la gente che cerca di approfittarsi di te e di questo bisogno. Io ho preso un paio di inculate niente male, perché esiste gente con più esperienza di te, che sa che su che punti far leva per riuscire a farti lavorare gratis per loro, o addirittura (ve lo giuro è vero, me lo hanno chiesto) di farlo PAGANDO. Te eh, non loro, loro ovviamente ti pagano in visibilità.
A chi sta iniziando ora, consiglio di stare molto attenti alle persone con cui state parlando e che vi contattano con proposte simili a quelle descritte sopra, perché un lavoro gratis non è MAI un buon lavoro, salvo rare eccezioni in cui il gioco può davvero valere la candela (e quindi portare altri lavori successivi, o una visibilità VERA) e quindi valutatelo sempre bene da chi arriva.
Ma ricordatevi: non si deve mai, MAI pagare per lavorare. Quello è prendervi per il culo da soli.
D: DEVA: A Tale of Gods, su Indiegogo ha raggiunto il suo obiettivo in sole 12 ore e verrà quindi stampato e distribuito. Parlaci di questo piccolo successo editoriale, tuo e del Tatai Lab.
M: Faccio fatica a spiegarmelo da sola, figuriamoci spiegarlo ad altri! Non mi aspettavo nemmeno nelle più rosee delle mie fantasie (che in effetti non lo sono mai, rosee. Solitamente grigio-marrone cacca, tendenti al pessimismo cosmico) una cosa del genere, e anche ora le uniche certezze che ho che spieghino questo successo sono la solidità della figura della mia casa editrice, il Tatai Lab, e la fiducia che i lettori hanno riposto nel mio progetto.
La prima deriva dal fatto che ormai il Tatai Lab ha alle spalle talmente tante campagne di crowdfunding che hanno raggiunto il successo, che il pubblico si è letteralmente “innamorato” di loro: progetti vivi e concretissimi, autori con personalità spiccatissime e uniche, e poi trasparenza in tutto. Non son cose che si trovano in tutte le case editrici, e le persone queste cose le notano, e partire con una campagna con già questa sicurezza alle spalle è sicuramente una spintona di quelle potenti.
La seconda, la fiducia di chi mi segue e di chi mi ha scoperta, incuriosendosi, è la più grande gioia che ho provato in questo mese di campagna, ripaga tutto il mazzo che mi son fatta a disegnare questo primo volume, e sinceramente sono talmente entusiasta che non vedo l’ora mi arrivino i primi feedback, una volta che il libro verrà letto!
D: Oramai il crowdfunding rappresenta un qualcosa di non più alieno anche in Italia. Credi sia un buon mezzo a disposizione di case editrici e artisti emergenti italiani per pubblicare il proprio lavoro?
N…i? Non lo so, dipende molto da come viene fatto.
Ho visto crowdfunding stupendi (tutti quelli del Tatai Lab ne sono una prova, ma anche quelli delle ragazze di Attaccapanni Press ad esempio!), studiati ed organizzati con sapienza, con calcoli precisi e trasparenti (se vedete, anche in quella di DEVA tutte le cifre richieste sono giustificate e spiegate proprio nella pagina del cf), mirati al successo del progetto e alla distribuzione di qualcosa di meritevole.
Ma non tutti sono in grado di gestire uno strumento così potenzialmente remunerativo, ma anche pericoloso: si basa sulla fiducia della gente, ma si sa che sui piatti della bilancia, fiducia e delusione si equivalgono. Basta che metti un grammo in più sul piatto sbagliato, e ti sei fregato con le tue mani per qualsiasi progetto futuro.
D: Avete affrontato delle criticità durante la messa online o la gestione della campagna?
M: Personalmente non ho letto né sentito cose troppo negative, ma potrebbero tranquillamente esserci state, e averle completamente perse di vista io! In generale il Tatai Lab ha sempre ricevuto un po’ di acidità, ma sono atteggiamenti che sono andati scemando via via che le campagne venivano vinte, il prodotto raggiungeva il pubblico, e questo ne rimaneva soddisfatto. Voglio convincermi che semplicemente le persone che avevano più da ridire su questo tipo di produzione fossero poco fiduciose dei buoni risultati che poi il Tatai Lab ha ottenuto, e che si siano quindi ricredute.
Poi se mi han parlato alle spalle meglio che non le ho lette che poi ci rimugino troppo sopra. Mi piace pensare di vivere in un mondo dove se semplicemente vuoi produrre il tuo fumetto, la gente che lo vuole se lo compra, e quella che gli fa schifo ti ignora. I want to believe.
Grazie mille a Martina per aver condiviso con noi la sua storia, le sue esperienze e la sua realtà.
Giovani disegnatori d’Italia, fate tesoro dei suoi preziosi consigli!!!
Ma soprattutto giovani e non lettori di fumetti andate su Indiegogo e assicuratevi IMMEDIATASUBITORA una copia di DEVA: A Tale of Gods su Indiegogo!!